Il diner nel deserto


" Una volta, durante una delle nostre sigarette sul ciglio della strada, il reverendo aveva detto che gran parte della gente associa il deserto a ciò che gli manca: l'acqua e le persone. "Non pensano mai a una cosa che nel deserto abbonda - la luce" disse.
"Tutta questa luce".

IL LUOGO

Non esistono descrizioni  per quanto intense e poetiche, che possano contenere la grandezza del deserto americano. La vastità delle emozioni che si provano la prima volta ( e anche tutte quelle dopo) che ti appare davanti  e  ti travolge.
Il deserto e' qualcosa a cui non ci si può preparare, che stravolge ogni aspettativa e previsione o prospettiva .
L'unica cosa che puoi fare quando ci arrivi, quando scorgi per la prima volta la luce rossa sulla mesa, l'orizzonte infinito, il miracolo di un mondo di terra e sabbia e roccia che è così "ovunque" da non vederne la fine, è metterti a ballare o a gridare o a piangere o ciascuna di queste cose insieme.

Monument Valley

E poi tutta quella luce e quel  silenzio così delicato da incrinarsi anche solo con il rumore dei pensieri, che rotolano e rotolano come la polvere a bordo della strada che quando il vento la cattura si alza in una colonna rosata fino a disegnare un buco di zucchero filato nella distesa azzurra.

Gran parte dello Utah è composto  nient'altro che da questi panorami grandiosi, spesso a decine  di miglia da qualunque "civiltà".
Tu te ne stai lì, circondato  da artemisia, ginepri  e forse uno o due serpenti a sonagli e l'assenza di tutta quella vita rumorosa e implacabile è un vero sollievo*, un po' come se potessi contemplare il miracolo del tuo corpo tra le rocce e questo ti fa sentire viva.


Non molto tempo fa ho avuto la fortuna di  sedermi davanti ad uno di quei deserti fino all'alba, aspettando che il cielo diventasse rosa.  Di percorrerne miglia e miglia su una strada sena fine.
James Anderson con il suo libro mi ha riportato là

i luoghi del diner nel deserto

Il diner nel deserto" è ambientato nello Utah,  lungo la statale 117 tra Price e l'immaginaria Rockmuse.
Se la cercate su googlemap vi accorgerete che in parte esiste, in parte no, ma è bene sappiate che benché il sogno di ogni lettore viaggiatore sia quello di ripercorrere con precisione le pagine dei libri che ama, questa storia con i suoi rettilinei e le sue deviazioni  la troverete un po’ ovunque in quella favolosa America  del West.

Utah

Davanti alla porta di un caffè abbandonato, fuori da una casa solitaria con il portico rivolto a Est o persino su un rotolacampo spinto dal vento, che rimbalza sotto la luce del deserto. 

Baghdad cafe

LA STORIA

Ben Jones fa il camionista lungo l’isolata  SR 117. Consegna merce in sperduti ranch di allevatori o a bislacchi “topi del deserto”, rintanati nelle loro roulotte di alluminio in fondo a dissestate stradine senza nome.


“Li conoscevo uno per uno, ma tutte le parole che ci eravamo scambiati nel corso degli anni probabilmente non arrivavano a riempire il retro di una cartolina”.


Un giorno Ben incontra Claire, che si nasconde dal marito in una casa poco lontano dal Diner di Walt , il burbero proprietario coinvolto in passato in un atroce fatto di sangue.

"Forse non era un bel viso per i canoni della pubblicità e delle copertine patinate. era stranamente magnetico, con una fronte alta, un naso pronunciato e labbra risolute, il tutto incorniciato da folti capelli neri che si posavano leggeri sulle spalle. Era un viso che metteva radici":

 Nonostante il pericolo aleggi nell’aria, Ben si innamora e viene coinvolto in un mistero disteso tra le note della musica di un violoncello.

Ne viene fuori una storia che è insieme un inno al deserto, un romanzo on the road, un delicato racconto d’amore  ma anche un noir, con crimini efferati e indagini da risolvere mentre sulla strada si muove silenzioso un  piccolo universo di affascinanti personaggi minori che hanno scelto come casa il deserto.

Come John  il Predicatore che ha trasformato un vecchio ferramenta in una chiesa e dalla primavera all'autunno, trascina una croce di legno su e giù per la 117. o il vecchio Walt, proprietario del Diner e figura fondamentale della storia: burbero e spietato ma generoso e capace di ballare un lento nostalgico sulle note di Blue Moon.
E ancora i fratelli Lacey che vivono in due vagoni merci graffiati dalla sabbia e governano una mandria striminzita di bovini e  naturalmente Ginny, diciassettenne incinta figlia dell'ex amante di Ben che lavora da Walmart, frequenta l'Università e ha più grinta di un leone.

Personaggi che insieme ai protagonisti risplendono in una storia che si muove al ritmo delle lunghe  straight road americane , intensa come la luce nel deserto.



Per concludere,  se rimane valido quanto dicevamo all'inizio, che nessuna descrizione può spiegare l'emozione di trovarsi davvero in un deserto, è pur vero anche che Anderson fa struggere di nostalgia chi ne è rimasto folgorato.
Se invece non avete ancora avuto questa fortuna allora state pronti a  mettere lo Utah tra i primi luoghi dove andare quando torneremo a viaggiare. 

Colonna sonora: Blue Moon, suonata da un Jukebox Wurlitzer.
Il dessert:  Una vaschetta di gelato vaniglia e caramello


" Il diner nel deserto", James Anderson
   NN Editore 
   Traduzione italiana di Chiara Baffa
   Pagg 315
  18 euro
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"Il diner nel deserto" è il primo capitolo della trilogia del deserto.
Il secondo volume, sempre di NN editore è  "Lullaby road".

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Ma ora ditemi: fa per voi questo viaggio sulla 117? 

Per altri consigli vi invito a seguire il mio profilo instagram: ilbookclubdeiviaggiatori.
La prima parte nel nostro itinerario nel West Usa è qui.

* la frase in corsivo è una citazione da "La mia estate fortunata" di Miriam Toews.


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